Il nuovo modello di recapito che da qualche mese si sta applicando su alcuni comuni della Sicilia ha già prodotto evidenti danni sia alla clientela che ai lavoratori in termini di disagio. L’accordo che la CISL, insieme alle altre Organizzazioni di categoria, ha sottoscritto è stato palesemente, da parte aziendale, disatteso, proprio sulle componenti tecniche che si ritenevano indispensabili per garantirne il buon funzionamento, compatibilmente sempre alla delibera dell’AGCOM recepita dal Governo, che ha dato via libera alla consegna della corrispondenza a giorni alterni. Una risoluzione questa di cui giocoforza ne abbiamo dovuto prendere atto e che ha messo nelle condizioni l’azienda di tagliare sui costi e nel contempo la clientela in quella di non ricevere tutti i giorni la posta.
Ma la problematica che oggi riteniamo sia la più rilevante sul tappeto è quella che l’azienda, nella sua “frenetica” corsa ai ridimensionamenti, nell’intento primario di recuperare sui profitti, ha ridotto anche dove non doveva ridurre mettendo in moto una organizzazione che, guardando solo al risparmio, ha assolutamente accantonato la qualità del servizio (che tradotto è la “consegna della posta”), arrivando a giustificare consapevolmente enormi giacenze, non rispettando le tempistiche assicurate alla clientela, privando le collettività di un servizio evidentemente non più sociale e costringendo a subire forti disagi i lavoratori del settore che ogni giorno sono in balìa di se stessi, nel pieno caos organizzativo.
Non si vede l’ombra di un minimo investimento. Tutto quello che l’azienda ci aveva assicurato, dalla flotta aziendale alla nuova tecnologia, dalle infrastrutture ai nuovi arredi indispensabili ai nuovi processi operativi, fino all’incremento degli standard di sicurezza. Non parliamo poi dei proclami lanciati a suo tempo sulla volontà di riconquistare il mercato dei PACCHI, ormai sempre più saldamente sotto il controllo dei più attrezzati competitori.
La CISL è molto preoccupata. La sgradevole sensazione che abbiamo è quella di un graduale ma inesorabile abbandono di un servizio che oggi da lavoro a circa 60.000 addetti in Italia, seguendo una politica del “tanto peggio tanto meglio” . L’azienda più grande del Paese, che sbandiera attivi e ricchi dividendi agli azionisti e che è sempre più distratta da logiche e finalità distanti anni luce rispetto alla realtà quotidiana che vivono migliaia di lavoratori sui territori, ha messo da tempo nel dimenticatoio la funzione sociale (per la quale è ancora pagata dallo Stato italiano) favorendo il profitto a costo anche di passare sulla pelle di migliaia di lavoratori.
In queste condizioni i danni che si consumano a danno delle utenze sono incalcolabili. Non vengono neppure rispettate le tempistiche di consegna più urgenti e indifferibili per le quali, molto spesso, il cittadino ha pagato un oneroso sovraprezzo proprio per avere la certezza del recapito in un tempo stabilito. La stessa sorte tocca per la consegna dei quotidiani e dei periodici, trattati alla stregua della stampa pubblicitaria.
Nell’arco di qualche mese, la riorganizzazione, inciderà pesantemente sulla tenuta occupazionale dell’azienda: solo la Sicilia avrà prodotto oltre un migliaio di esuberi e malgrado gli accordi sottoscritti con l’azienda, questi lavoratori difficilmente riusciranno ad avere una ricollocazione in altri servizi, in particolare in ambito servizi finanziari visto che, anche su questo fronte, la situazione attuale non è certo rasserenante.
Ancora una volta, quindi, la Sicilia è destinata a subire un duro colpo all’occupazione anche laddove si riteneva, sino a qualche mese fa, che tali rischi non potevano corrersi considerando che parliamo di un’azienda ricca, solida e fortemente radicata nel tessuto economico e sociale del Paese.
Come non possiamo porre nel dimenticatoio oltre mille giovani lavoratori, solo in Sicilia, che prestano servizio in Poste Italiane in regime di Part-Time, con salari che non permettono neppure di ipotizzare un “domani” sostenibile e che la situazione in atto tappa definitivamente le ali per una speranza di stabilizzazione futura. E vogliamo sottolinearlo: non parliamo di giovani fortunati che hanno “casualmente” trovato un lavoro, ma di giovani figli di lavoratori esodati, che da tempo sono senza un reddito perché hanno creduto alle lusinghe di un’azienda ormai blindata su logiche opportunistiche, che non considera più i sacrifici che negli anni hanno fatto migliaia di lavoratori per fare di Poste Italiane la più grande azienda del Paese.
PA, 27/04/2016 | IL SEGRETARIO REGIONALE SLP-CISL
(GIUSEPPE LANZAFAME) |